mercoledì 30 giugno 2010

ma è proprio vero che....

...gli italiani sono tutti scrittori ?
a giudicare dal desolante silenzio che ha fatto seguito al mio appello dovrei dire di no...e soprattutto mi pare che i miei compagni di viaggio, sì, i pendolari di tutta Italia, siano piuttosto pigri.
Avevo chiesto di proporre una storia incentrata su un personaggio incontrato giorni fa sul regionale per Frascati - una ragazza truccatissima, griffatissima, atteggiata a diva di Hollywood - ma a parte la prudente risposta di Antonella ( che sollecito a farsi viva ) non ci sono state altre candidature.
Magari un aiutino potrebbe incoraggiare qualcuno e allora proviamo.

"Malgrado il calendario avesse già lasciato cadere diversi fogli del mese di giugno, della primavera non c'era alcuna traccia. Bastava scorrere lo sguardo sui passeggeri del regionale per Frascati per rendersene conto : giacche invernali, felpe, perfino qualche soprabito. E un generale malcontento per quella pioggia insistente, una crescente nostalgia per le limpide e calde giornate di una stagione che sta ormai diventando sempre più un ricordo, una chimera.
E in questa grigia, malinconica atmosfera, la ragazza che salì a bordo del treno a Ciampino sembrò quasi un miraggio.
Non per la bellezza del suo viso o per le forme del suo corpo o almeno non solo per quello : l'attenzione dei pendolari fu probabilmente attirata più che altro dalla sua mise, dal trucco forse un po' pesante ma non tanto da disturbare, dal suo atteggiamento da vamp.
Si comportava come se fosse in scena, con movenze e gestualità studiate e, più che parlare con una sua presunta amica, sembrava stesse recitando un copione."

Ecco queso potrebbe essere l'inizio del racconto. Poi si può proseguire soffermandosi sull'aspetto della ragazza, curiosando sulla sua conversazione con la sua amica e carpirne qualche frase tanto per saperne di più.
Si può tirare in ballo un giovane viaggiatore che rimane folgorato da tanta sontuosa bellezza, si può dissertare sulle aspettative della ragazza, accennare alla sua ostinata ambizione che l'ha portata a fare qualche provino fino ad ottenere un importante appuntamento che potrebbe schiuderle le porte della celebrità.
E poi...e poi si può fare appello alla fantasia e lasciare che sia lei a guidare il personaggio verso orizzonti più o meno luminosi, verso traguardi più o meno probabili, verso un finale che può spaziare dal trionfo alla delusione, all'amarezza.

Rinnovo l'appello : c'è qualcuno che vuole provare a cimentarsi ?
E se non vi aggrada un simile personaggio, potreste provare, che so, con un campioncino in erba che sogna di diventare il nuovo Messi, o un enfant-prodige avviato ad essere un nuovo Mozart, o semplicemente un'infermiera che si è innamorata del suo paziente che lotta con la morte o magari un macchinista che dopo anni di onorato servizio si imbatte in un aspirante suicida oppure con....
Be', di personaggi interessanti ce ne sarebbero tanti e altrettante potrebbero essere le storie, tutte rigorosamente inventate, che ci suscitano l'aspetto dei tanti anonimi compagni di viaggio che incontriamo quasi tutti i giorni sul treno e che ci sono diventati familiari.

Ricordo che l'obiettivo è quello di raccogliere le storie più interessanti per poterle poi proporre in un libro che sarebbe il sequel del mio "Regionale per Frascati " appena pubblicato da Fazi editore.
Aspetto fiducioso e spero che qualcuno voglia lanciare un segnale di ricevuto.

Fabrizio La Rosa

6 commenti:

  1. Ciao Fabrizio,
    questa non è propriamente una storia di un pendolare,ma la storia di una vita in cui il treno riveste un ruolo importante.
    Non voglio fare la scrittrice, scrivo solo per dare spazio alla mia contorta fantasia.
    Bello Storie di pendolari, me l'ha consigliato un mio amico, mi è piaciuta molto la storia del ricercatore che si innamora di quella pendolare e decifrando quella strana scritta impressa sul treno, genera quella formula di importante valore per l'umanità.
    Complimenti...Ti lascio il mio racconto e una buona serata.

    Meteorina84

    Era un inverno rigido come ne ricordo pochi. Quella mattina ho aperto gli occhi pensando di trovarmi in tutt’altro luogo, eppure ero sempre lì, purtroppo.
    La mia vita era la stessa routine, ogni sera terminava con il desiderio di andare lontano, dove nessuno poteva sapere chi fossi e cosa facessi, ma la mattina dopo il letto in cui mi svegliavo era lo stesso…le stesse quattro mura della sera prima, lo stesso paese piccolo e grigio che aveva visto fiorire la mia triste infanzia e si apprestava a farmi diventare donna.
    Da piccola, quando mamma mi obbligava a guardare la tv, mentre lei era immersa nei suoi tristi pensieri che ogni tanto facevano sì che una lacrima le rigasse il viso, avevo gli occhi fissi sullo schermo, ma sognavo, sognavo una vita lontano da questo triste paese. E sognavo di studiare, di viaggiare, di avere la possibilità di trovare mio padre e di vedere mia madre sorridere. Sapevo poco di lui, certo era noto a tutti che si trattasse di un uomo di colore, originario di una di quelle piccole isole disperse nell’oceano Atlantico… i più pensavano si trattasse di Haiti, invece no, una sera con la voce rotta dal pianto mi aveva confessato fosse nato in Martinica. Non parlava mai di lui e non voleva neanche sentire nominare il suo nome, Paul…sarà stato per l’odio che provava verso di lui, sicuramente non era edificante vedermi lì, non potevo non ricordarglielo, così come tutti gli altri non potevano non notare la mia estraneità in quest’Italia che poco mi apparteneva…il mio colorito che mi permetteva di essere abbronzata anche in inverni come questo rigido e senza sole, i miei occhi neri…e forse anche il mio spirito libero e viaggiatore…uno spirito che purtroppo era abbastanza evidente, ma che restava sopito. E io mi facevo tante domande senza darmi una risposta…non ero sicura lo odiasse, forse lo amava ancora ma contro il suo volere.
    E forse anch’io al suo posto avrei reagito così, odiando il frutto di un amore mai vissuto appieno che le aveva sconvolto per sempre la sua vita. Era una ragazzina di buona famiglia, era tanto bella, e in quell’ultimo anno di liceo si distingueva per essere la ragazzina più corteggiata, ma lei non dava mai troppo confidenza, un po’ perché la sua educazione rigida non glielo permetteva, un po’ perché non le interessava; preferiva passare il suo tempo libero a leggere. Leggeva tantissimi libri, spesso classici che prendeva in prestito dalla grande libreria di suo padre. Non era sua intenzione andar a Parigi quell’estate, ma la sua matrigna voleva assolutamente che lei andasse abbastanza lontano per poterle permettere di passare le sue vacanze a Forte dei Marmi. Suo padre erano mesi che era fuori per lavoro, e così la sua vita nella sua casa di famiglia dove ricordava i suoi primi anni di vita con sua madre era diventata un incubo da quando il padre si era risposato. Si trovò in quell’odioso espresso notturno che si fermava ad ogni piccola stazione incontrasse sulla sua strada. Leggeva un libro nella penombra di quel triste vagone, era sola nel suo scompartimento e stranamente non aveva paura, certo non voleva partire, ma tutto sommato pensava non era male star lontana da quell’arpia per trenta lunghi giorni.
    Alla stazione di Bologna la sosta fu abbastanza lunga, aveva anche chiuso il suo libro, amava riservarsi il finale per una situazione più comoda…bel libro Gli Indifferenti di Alberto Moravia per finirlo così in un solo giorno, voleva portarsi il gusto di quella bella lettura anche al di là delle alpi.(continua)

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  2. Ad un tratto la porta del suo scompartimento si aprì, era un ragazzo con una piccola valigia e una tuta mimetica, il suo sguardo magnetico si posò su quella fragile adolescente che stringeva a sé il suo libro, come fosse l’ultimo tesoro rimasto. Era un soldato americano, ma sapeva parlare l’italiano anche se a stento. Era di origini martinicane, figlio di un imprenditore americano che amava andarsi a fare le vacanze in quel paradiso terreste per andarsi a divertire con le doudous, così le chiamavano lì le prostitute. Viveva lì tra stenti e miserie, ma felice quando il padre, forse preso dai rimorsi gli intestò tutte le sue proprietà. Peccato che lo scoprì solo attraverso una voce di vecchio notaio che lo chiamò alla morte del padre per comunicarglielo. Aveva 15 anni quando si trasferì a Los Angeles e decise di arruolarsi nell’esercito. Da lì a poco scoppiò la seconda guerra mondiale, e così si trovò catapultato in Europa…quanti cambiamenti in così pochi anni. Ora era lì, erano passati tre anni e la guerra ormai era finita, si era trattenuto un po’ di più in Italia, aveva conosciuto una ragazza della quale si era innamorato. Era un amore corrisposto, ma segreto, la ragazza in questione era stata promessa già da tempo al figlio del sindaco del suo paese vicino Bologna. Lui, Paul, era convinto che lei prima o poi sarebbe riuscita a trovare il coraggio per scappare con lui…ma quella notte alla stazione di Bologna lei non si presentò all’appuntamento, ciò significava solo una cosa: aveva deciso di sposare quello stupido bamboccio con i soldi che diceva di non amare.
    Era triste e aveva il dolore negli occhi, e così a Parigi ci sarebbe andato da solo…da lì avrebbe preso il volo dopo un mese per Los Angeles, sarebbe dunque ritornato in America. Non voleva più trovarsi in una situazione del genere, non voleva più trovarsi nella condizione di ferire un ragazzino come era successo qualche anno prima, avrebbe dunque lasciato l’esercito. Del resto non era mai stato un soldato convinto, anzi al contrario, lui voleva fare il medico, e in quei minuti pensava che dopo l’estate avrebbe fatto di tutto pur di poter cominciare a studiare. In Martinica non era mai stato semplice studiare, ma qualcosa era comunque riuscito ad apprenderla da sé…da quando quella vecchia amica della madre gli aveva insegnato a leggere, aveva sviluppato una grande curiosità, amava tenersi informato su ciò che accadeva nel mondo.
    Non pensava in alcun modo che in così poco tempo avrebbe potuto interessarsi ad un’altra ragazza, ma in realtà quei due occhioni azzurri che scrutavano il mondo con tanta attenzione lo colpirono. Iniziarono a guardarsi intensamente…c’era molta timidezza e mia madre, lo so, riesco ad immaginarla, aveva le spalle strette ed era tutta contorta per evitare anche solo di sfiorarlo. Fu lui a rivolgerle la parola…quel libro attirò la sua attenzione e allora senza neanche chiederle il suo nome, le chiese di parlargliene. Qualche istante di imbarazzo, ma poi lei iniziò a raccontarle la storia di intrecci e tradimenti provocati dalla noia e dall’indifferenza di un fratello e una sorella, che si accontentano pur di movimentare la loro triste vita di abbandonarsi a storie prive di amore. (continua)

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  3. Ad un tratto la porta del suo scompartimento si aprì, era un ragazzo con una piccola valigia e una tuta mimetica, il suo sguardo magnetico si posò su quella fragile adolescente che stringeva a sé il suo libro, come fosse l’ultimo tesoro rimasto. Era un soldato americano, ma sapeva parlare l’italiano anche se a stento. Era di origini martinicane, figlio di un imprenditore americano che amava andarsi a fare le vacanze in quel paradiso terreste per andarsi a divertire con le doudous, così le chiamavano lì le prostitute. Viveva lì tra stenti e miserie, ma felice quando il padre, forse preso dai rimorsi gli intestò tutte le sue proprietà. Peccato che lo scoprì solo attraverso una voce di vecchio notaio che lo chiamò alla morte del padre per comunicarglielo. Aveva 15 anni quando si trasferì a Los Angeles e decise di arruolarsi nell’esercito. Da lì a poco scoppiò la seconda guerra mondiale, e così si trovò catapultato in Europa…quanti cambiamenti in così pochi anni. Ora era lì, erano passati tre anni e la guerra ormai era finita, si era trattenuto un po’ di più in Italia, aveva conosciuto una ragazza della quale si era innamorato. Era un amore corrisposto, ma segreto, la ragazza in questione era stata promessa già da tempo al figlio del sindaco del suo paese vicino Bologna. Lui, Paul, era convinto che lei prima o poi sarebbe riuscita a trovare il coraggio per scappare con lui…ma quella notte alla stazione di Bologna lei non si presentò all’appuntamento, ciò significava solo una cosa: aveva deciso di sposare quello stupido bamboccio con i soldi che diceva di non amare.
    Era triste e aveva il dolore negli occhi, e così a Parigi ci sarebbe andato da solo…da lì avrebbe preso il volo dopo un mese per Los Angeles, sarebbe dunque ritornato in America. Non voleva più trovarsi in una situazione del genere, non voleva più trovarsi nella condizione di ferire un ragazzino come era successo qualche anno prima, avrebbe dunque lasciato l’esercito. Del resto non era mai stato un soldato convinto, anzi al contrario, lui voleva fare il medico, e in quei minuti pensava che dopo l’estate avrebbe fatto di tutto pur di poter cominciare a studiare. In Martinica non era mai stato semplice studiare, ma qualcosa era comunque riuscito ad apprenderla da sé…da quando quella vecchia amica della madre gli aveva insegnato a leggere, aveva sviluppato una grande curiosità, amava tenersi informato su ciò che accadeva nel mondo.
    Non pensava in alcun modo che in così poco tempo avrebbe potuto interessarsi ad un’altra ragazza, ma in realtà quei due occhioni azzurri che scrutavano il mondo con tanta attenzione lo colpirono. Iniziarono a guardarsi intensamente…c’era molta timidezza e mia madre, lo so, riesco ad immaginarla, aveva le spalle strette ed era tutta contorta per evitare anche solo di sfiorarlo. Fu lui a rivolgerle la parola…quel libro attirò la sua attenzione e allora senza neanche chiederle il suo nome, le chiese di parlargliene. Qualche istante di imbarazzo, ma poi lei iniziò a raccontarle la storia di intrecci e tradimenti provocati dalla noia e dall’indifferenza di un fratello e una sorella, che si accontentano pur di movimentare la loro triste vita di abbandonarsi a storie prive di amore.
    (continua)

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  4. Lei iniziò a parlarle di tutte le sue letture, della sua passione per Montale, del suo sogno di andare in America per imparare l’inglese…e lui l’ascoltava con un’attenzione nuova, come se per la prima volta nella sua vita si trovasse davanti ad una ragazza che gli trasmetteva tanta voglia di vivere, di sorridere, di amare. Probabilmente già da quei primi istanti aveva voglia di baciarla, ma on osò farlo, non voleva rovinare tutto.
    Fu un continuo chiacchierare, lui gli parlò della sua vita, di sua madre, della sua “professione”e di quanto fosse stata dura andar via da lì e lasciarla in quella situazione nella quale tra l’altro sembrava di stare fin troppo bene…e poi la guerra, e gli orrori che di tanto in tanto gli saltavano ancora davanti agli occhi. Non le parlò di Michela…sembrava quasi non ce ne fosse bisogno, lei in quei minuti probabilmente si girava e rigirava nel letto, pensando a come sarebbe stato il giorno del suo matrimonio, la sua vita senza Paul, e lui, invece, l’aveva attesa con tante speranze, ma quella, lo sapevano entrambi era stata l’ultima chance, lei aveva scelto e ed era andata via per sempre dal suo cuore.
    Era la prima volta che passava così tanto tempo con un ragazzo, certo a scuola nonostante il suo voler rimanere sulle sue, le capitava di scambiare qualche parola con qualche suo compagno, ma si trattava solo di poche frasi di circostanza che non avevano mai catturato in alcun modo la sua attenzione. Lei poi le parlò della sua vita, della morte di sua madre, della sofferenza e di come era cambiata la sua vita da quando qualche mese dopo il padre si era risposato.
    Non ci volle poi tanto a ritrovarsi a Parigi. Faceva abbastanza freddo nonostante fosse il primo agosto. Dovevano salutarsi, lui doveva cercarsi un posto dove dormire e lei doveva raggiungere quel convento dove l’avrebbero di certo messa sotto con lo studio del francese. Lui si propose di accompagnarla fin davanti al convento, cercarono dunque di chiedere informazioni qua e là con un francese al quanto approssimativo, ma alla fine riuscirono a trovare la strada che li avrebbe portati in circa un’oretta a piedi nel quartiere latino: davanti al Panteon c’era quella piccola viuzza e in fondo, ad un centinaio di metri, il convento…ma arrivati lì si scambiarono uno sguardo complice e senza pensarci troppo e senza neanche una parola, come se qualcuno, a parte loro due, fosse al corrente dei loro pensieri e potesse bloccare i loro piani, iniziarono a correre il più possibile. Corsero per un buon quarto d’ora, trovarono poi un angolo isolato con una splendida vista sulla Senna, era ormai pomeriggio inoltrato e il buio era già sceso, in fondo le luci della città. Lentamente lui si avvicinò a lei, le tolse quel ciuffetto di capelli davanti a quei suoi bei occhietti e la baciò dolcemente, sfiorandole le labbra. Rimasero abbracciati a lungo, era ormai buoi pesto quando decisero di cercare una sistemazione per la notte. Trovarono una stanza in un ostello della gioventù, e lì si adagiarono su quel lettino singolo posto in mezzo. Dormirono abbracciati e con le labbra che istintivamente si posavano su quelle dell’altro.
    I giorni trascorsero veloci, e forse nessuno dei due si poneva degli interrogativi su quello che avevano potuto fare le suore dopo che avendo atteso invano l’arrivo di quella bella ragazza italiana sedicenne, avevano realizzato che non sarebbe più arrivata. Certo, avevano dovuto avvertire la famiglia, non era stato facile mettersi in contatto con l’Italia. Erano giorni e giorni, quasi una settimana intera che la suora superiora chiamava e richiamava a Firenze, ma nulla, non riceveva nessuna risposta. Chiaramente, Anita, la matrigna di Benedetta, era già in quel di forte dei Marmi. Avevano anche dato l’allarme alla polizia, ma gli agenti non avevano poi iniziato alcun’indagine.

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  5. Quella mattina la suora superiora compose ancora quel numero, questa volta qualcuno finalmente alzò l’altro capo del filo, il padre di Benedetta era tornato prima da uno dei suoi molteplici viaggi d’affari. Non sapeva neanche che la figlia dovesse andare a Parigi e restò allibito e sconvolto di tutta la situazione. Per prima cosa andò alla stazione dove vide che il primo treno per Parigi partiva alle dieci di sera. Così avendo un po’ di tempo a disposizione e sulla scia della rabbia feroce, andò a Forte dei Marmi, nella sua casa di villeggiatura. Anita non era in casa, ma chiaramente in spiaggia a preoccuparsi della sua tintarella. Ci fu una lite furiosa tra i due davanti agli occhi increduli dei bagnati, Piero non accettava che Anita avesse preso la decisione di mandar via la sua adorata figlia per un mese in Francia senza neanche consultarlo. Poi rimettendosi in macchina, decise che era inutile aspettare che si facessero le dieci, ci sarebbe andato in macchina a Parigi. Doveva ritrovare sua figlia, l’amava tanto, ma era un padre troppo rigido e troppo ancorato ai vecchi valori dell’uomo tutto d’un pezzo per dimostraglielo.
    Nel frattempo Benedetta si rendeva sempre più conto di quanto si stesse innamorando di Paul, lui la desiderava più di qualsiasi altra cosa, ma non si era mai spinto oltre, sapeva che lei non era ancora pronta, glielo leggeva dagli occhi. Quella sera però c’era qualcosa di diverso nel suo sguardo, non sembrava più una ragazzina bensì una donna. Le loro labbra si avvicinarono per non staccarsi più. Fu dolce e intenso, proprio come Benedetta lo immaginava.
    La mattina seguente il sogno finì. Benedetta uscì presto, voleva fare una sorpresa a Paul, voleva prendere uno dei quei croissant au beurre che lui tanto amava. Camminava lungo la Senna, guardandosi intorno alla ricerca di un cafè, quando due agenti di polizia si accostarono alla ragazza e farfugliando qualcosa di poco chiaro e la prelevarono. Quando Paul si svegliò, lei non era più al suo fianco, si stupì, ma era convinto che tornasse. I minuti trascorrevano lentamente, ma di Benedetta neanche traccia, uscì e fece un giro dell’isolato, poi un altro e un altro ancora, ma senza il risultato che sperava, tornò velocemente all’ostello con la speranza che lei nel frattempo fosse ritornata. Chiese qualche informazione al personale dell’ostello, nessuno seppe dargli informazioni. Non si rassegnava, rimase settimane a Parigi per cercarla, ma non ebbe mai più alcuna notizia.
    Lei tornò in Italia con il padre, ben presto si rese conto di essere incinta, e quando ad accorgersene furono anche il padre e la matrigna la situazione precipitò. Il padre troppo preso dal giudizio degli altri e che non poteva permettersi uno scandalo, decise di farla trasferire in un paesino in provincia di Torino. Per i miei primi anni di vita cercò di aiutare mia madre almeno economicamente, ma dalla sua morte in poi Anita riuscì ad appropriarsi di tutto il suo patrimonio.
    (continua)

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  6. Non c’è mai stato alcun altro amore nella sua vita, e la sua tristezza nello sguardo sembrava voler urlare ogni istante il suo amore verso mio padre. Fu una mattinata intensa, faceva tanto freddo, ma lei era uscita per andare a lavoro quando mi accorsi che aveva dimenticato qualcosa sul suo letto, da lontano sembrava un libro. Quando mi avvicinai, mi sono accorta che parlava di me, dell’amore folle che ha portato a me e che in qualche modo ha distrutto la sua vita. C’era anche una foto di Paul, mio padre, che stringvae forte mia madre e in fondo la Senna e le luci parigine.
    Assomiglio tanto a lui, non solo per il colore della mia pelle, ma anche per la forma del viso, per l’espressione degli occhi. Sarà per questo che mia madre non riesce a guardarmi.
    Non avevo mai avuto il coraggio fino ad allora, ma vederlo in foto mi ha dato la forza di cui avevo bisogno…dovevo restituire a mia madre la vita che lei mi aveva regalato, volevo tornasse ad essere una donna, dovevo ritrovare Paul…ho preso la foto e il primo treno per Parigi, con la consapevolezza che ovunque fosse l’avrei trovato. Amavo viaggiare, amavo quel treno…sapevo che sarei tornata da mia madre con lui.


    Bene, eccoci alla fine...ho dovuto purtroppo dividerlo in tante tranches...spero sia comunque chiaro.
    Ancora buona serata, e buon lavoro per il tuo prossimo libro.

    Meteorina84

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